di Massimo Bonato
Leonardo “Chucky” Vecchiolla se n’è andato. Se n’è andato a 26 anni. Si è sparato nella casa di famiglia ad Ariano Irpino. Lascia un bimbo di tre anni. Lascia le lotte a cui non si è mai sottratto. Lascia la pesantezza con cui il maglio della repressione gli si era calato addosso.

Chucky era in prima linea, era con gli ambientalisti campani contro le discariche, era quel 15 ottobre a Roma, era un No Tav.

Chucky emanava “comunicati”. A rileggere il suo lungo comunicato pubblicato dall’Osservatorio contro la Repressione salta agli occhi il titolo certamente Io, Chucky Vecchiolla vittima di repressione, ma poi l’occhio torna su quell’“io”, torna sulla parola “comunicato”. Chucky comunicava. Comunicava rabbia e dolore, ma soprattutto comunicava la giovane e disperata sete di giustizia che lo animava, e che lasciava prorompere attraverso la sua impulsività, la sua energica voglia di fare, di esserci. Ma Chucky comunicava anche la necessità di fare rete, di creare unione e partecipazione, il desiderio di fare sapere quanto più possibile alla gente ciò che avviene e passa pigramente inosservato, di scuotere dal torpore come lui stesso si sentiva, scosso da una vita non facile, adombrata da disagi di cui non faceva segreto, sempre tesa tra il pubblico della realtà sociale e delle lotte e un privato spesso angoscioso.
Lo ricordiamo vivo, vitale, prorompente e combattivo. Lo ricordiamo giovane.
Qui il Comunicato contro la repressione che fece pervenire all’Osservatorio contro la repressione
Io, Chucky Vecchiolla vittima di repressione
M.B. 03.09.14
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