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martedì 21 agosto 2012

Dai monti non più cartoline ma Fogli di via




Nelle ultime settimane si è assistito a una vera e propria offensiva contro il movimento No Tav attraverso Fogli di via obbligatori, notificati a decine di persone. Ma che cos’è in realtà un Foglio di via obbligatorio?
Leggiamo in Diritto.it[1] un articolo firmato da Rocchina Staiano, docente all’Università di Teramo. Innanzitutto, perché venga adottato tale provvedimento, è necessario che il questore accerti due presupposti:
1) che la persona colpita dalla misura ricada in una delle categorie a rischio catalogate ai numeri 1, 2, e 3 dell’art. 1 della Legge n. 1423, del 27 dicembre 1956;
2) che sia pericolosa per la sicurezza pubblica.

I casi previsti dalla legge su citati sono:
"1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;
2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con proventi di attività delittuose;
3) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica".

Trattandosi, secondo la legge, non già di una misura repressiva, ma preventiva, il Foglio di via viene adottato senza prove di reato, senza la necessità che una persona sia già pregiudicata, ma attraverso la valutazione che l’Autorità di Polizia dà del comportamento dell’individuo, e la presupposizione che questo possa degradare in attività delittuose e condotte penalmente rilevanti.
Insomma “un provvedimento caratterizzato da un’ampia discrezionalità, di natura così fortemente restrittiva e comportante immediati e sconvolgenti effetti sulla sfera giuridica e personale, per cui prima della sua adozione è sempre necessario svolgere un'attenta stringente indagine su tutti gli elementi che giustificano l’adozione dell’atto, e del quale costituiscono indefettibili presupposti”, come stabilito dal Tar di Trento con la sentenza n. 316 del 7 ottobre 2004[2], con la quale veniva annullato il provvedimento in un caso di appello.

Vediamo un esempio di come questo provvedimento è stato adottato. Ciascuno avrà la propria storia da raccontare, Stefano Dorigo ha la sua. Stefano è di Udine ma vive a Parigi; studia Scienze della comunicazione all’Università Paris VIII; sta scrivendo una tesi sull’uso che il movimento No Tav fa di Internet a scopi organizzativi e di contro-informazione; è autore, con Pantaleo Elicio, di A Riot Of My Own, un romanzo sugli anni '70 e gli esiliati italiani a Parigi; e medita di ambientare il suo secondo romanzo nell’ambiente del movimento stesso. Appartiene da tempo al movimento No Tav e frequenta il campeggio di Chiomonte. Il 24 luglio si trova sul treno che da Chiomonte sta conducendo parte dei manifestanti ad unirsi a Bussoleno alla protesta No Nuke, per il passaggio del convoglio ferroviario che trasporta in Francia scorie radioattive provenienti dalla centrale di Saluggia. È cioè sul treno che viene bloccato per quattro ore e mezza a Bussoleno e presidiato da un nutrito reparto antisommossa – casco, scudo e manganello alla mano –, sino a che finalmente, manifestanti e comuni viaggiatori, vengono liberati e identificati. Durante tutto questo tempo Stefano tiene i contatti con radio Blackout.
Circa un mese dopo, sabato 18 agosto, Stefano si trova su una delle tre autovetture che si dirigono a Giaglione, da dove famiglie, giovani e meno giovani occupanti si dovrebbero recare in val Clarea per una passeggiata tra i boschi e una visita al non-cantiere. L’ultima delle tre auto viene fermata a un posto di blocco nei pressi di Susa, sicché le prime due si fermano a loro volta sia per solidarizzare, sia pure per accertarsi che tutto proceda senza problemi. E infatti pare che tutto si debba risolvere in breve tempo, non fosse che anche chi si avvicina al posto di blocco viene controllato e i problemi cominciano per Stefano: gli deve essere notificato un atto, cosa che si preannuncia sin da subito con una nota di colore. Ai Carabinieri di Susa non sembra andare a genio di dover scortare Stefano sino a Torino e cercano di ottenere dalla Polizia che l’atto venga notificato nella caserma di Susa, a portata di mano; la Polizia insiste sulla pertinenza della consegna – un commissariato di Polizia –, e alla fine il capitano dei Carabinieri di Susa ottiene che sia il commissariato di Rivoli il luogo deputato alla consegna dell’atto, di cui peraltro la Polizia si rifiuta di comunicare il contenuto. In sostanza, l’atto deve essere notificato dalla Polizia di Stato, la Polizia si rifiuta di rivelarne il contenuto ai Carabinieri, ma saranno i Carabinieri a dover scortare Stefano e la sua compagna che lo segue, sino a Rivoli, al commissariato di Polizia.
Quel che si può aspettare Stefano gli sarà reso noto soltanto nel momento in cui si rigirerà per le mani il Foglio di via obbligatorio che gli viene notificato appunto a Rivoli, e con il quale la legge lo terrà lontano dai Comuni di Avigliana, Bussoleno, Chiomonte, Exilles, Gravere, Giaglione e Susa per due anni.
Stefano è cioè un soggetto pericoloso.
Il motivo della pericolosità di Stefano Dorigo si legge nella seconda pagina dell’atto stesso, al primo capoverso: “Vista la segnalazione della locale Digos […] dalla quale risulta che insieme ad altri facinorosi manifestatamente appartenenti all’area di contestazione o anarco-insurrezionalista o marxista-disobbediente, nelle prime ore del 24 corrente luglio alla stazione di Chiomonte (TO) saliva sul treno diretto a Torino per unirsi ad un gruppo di persone che manifestavano contro il passaggio del convoglio adibito al trasporto di materiale nucleare, diretto verso la Francia, Infatti, prima che il loro treno entrasse nella stazione di Bussoleno (TO) ne arrestavano la corsa mediante l’azionamento del freno di emergenza. […]”
Insomma i cani sciolti, i leninisti, i cattolici un po’ nervosi o i rivoltosi della domenica possono star tranquilli: non sono “manifestatamente” appartenenti alle aree su cui vigila l’occhio attento della giustizia. Ma “manifestatamente” significa anche che gli appartenenti alle classi di persone su menzionate siano etichettabili attraverso paradigmi incontrovertibili: stesso peso, stessa altezza, stesso abbigliamento, stesso codice linguistico, stesso portamento, stesso comportamento, stesso segno zodiacale forse pure. “Manifestatamente” resta a dir poco una categoria di giudizio prescientifica, e in quanto tale piuttosto arbitraria; per non parlare delle classi proposte, perché a ben vedere anche a chi si definisce anarchico ma non inserruzionalista il Foglio di via non dovrebbe essere applicabile, a meno che non si voglia, per semplicità, far coincidere tutto l’anarchismo con l’insurrezionalismo. Dell’area marxista-disobbediente bisognerebbe intanto accertarsi chi disobbedisce a chi, se a Marx o a qualcun altro, individuabile con il “sistema” o il “capitale”. Inutile addentrarsi nei meandri di tipologie entro le quali è facile venirsi a trovare senza saperlo. Quanto poi all’aver o no azionato un freno di emergenza, qualora fosse il caso dovrebbe bastare forse una multa, comminata all’eventuale responsabile. Ma l’atto prosegue e recita: “Considerato che quel gruppo di persone identificate a bordo del treno unitamente ad altri passeggeri estranei ai fatti, erano provenienti dal campeggio di Garavella di Chiomonte (TO), dove hanno preso via le numerose azioni violente […] che hanno determinato una situazione di grave allarme sociale e preoccupazione per la sicurezza pubblica per quel territorio;” e considerato che Stefano non ha stabile attività lavorativa né residenza o legami famigliari in Val di Susa, rientra nella “ipotesi dell’art. 2 del D. L.vo 159/2011 in relazione all’art. 1 della stessa norma […] relativo alle persone pericolose per la sicurezza pubblica […] per la condotta e il comportamento accertati inquadrabili nella lettera c) delle categorie contemplate dall’art. 1 del D. L.vo 159/2011”, ovvero la medesima categoria contemplata dall’art. 1 della Legge n. 1423, del 27 dicembre 1956[3] e ripresa alla lettera dal D. L.vo 159/2011.

Tirando le somme vien da pensare che per manifestare bisogna necessariamente appartenere a una delle due aree su citate, che lo si voglia o no, che lo si sappia o no, e si sia, ipso facto, pericolosi malviventi per imperscrutabile giudizio. Ma soprattutto conta il luogo di provenienza: frequentare il campeggio No Tav di Chiomonte, per esempio, significa frequentare un campo paramilitare, dal quale, a questo punto, bisognerebbe escludere tutti gli obesi e i non più giovani, i timorati di Dio, i fumatori accaniti e insomma tutti quelli che meriterebbero la Rupe Tarpea. Poco contano le decine di incontri e dibattiti, di confronto e di dialogo, le presentazioni di libri e di progetti, di concerti e di teatro. Saran da considerarsi momenti di svago per la truppa di facinorosi. Perché in fin dei conti al campeggio No Tav, o sei un facinoroso o ti sbattono fuori.
Qualcosa si è raffinato nelle procedure. Si è assistito il luglio dello scorso anno, e per l’estate intera, al lancio di lacrimogeni ad altezza uomo, preferibilmente volti a colpire chi con telecamere o macchine fotografiche si esponeva a documentare ciò che stava avvenendo; poi son cominciate le denunce, gli arresti, i processi non ancora terminati, il carcere restrittivo e l’isolamento, forme straordinarie di repressione non commisurata ai reati contestati. Quella dei Fogli di via si applana su queste misure e le prosegue non già attraverso l’accertamento di un reato o la sua presupposizione, ma attraverso la presupposizione di pericolosità. Manifestare è pericoloso, “manifestatamente”. Ma se si pensa alla storia di Stefano Dorigo non può venir in mente anche alla prontezza con cui si è proceduto alla sua espulsione dal luogo sul quale sta conducendo i suoi studi, dal quale trae il materiale per il suo prossimo libro: difficile sparare a chi la penna in mano la deve tenere fuori dalla portata di un mirino.
Più in generale, la discrezionalità – e l’arbitrarietà – sembrano davvero innervare l’intero criterio con cui si possa ricorrere a questo provvedimento. Un provvedimento che la legge vorrebbe non repressivo, ma preventivo, e in virtù di ciò basato su approfondite indagini volte ad accertare un comportamento abituale. Ma l’abitualità, l’abitudine, la recidivia in comportamenti comprovabili è data dalla somma di un certo numero di eventi, esempi o manifestazioni di un atteggiamento osservato nel tempo. Se l’episodio per il quale il Foglio di via si rende plausibile è unico, come è il caso in questione, resta incomprensibile dove risieda l’accurata indagine, come si sia potuto stabilire l’attitudine e la pericolosità di un individuo (i Fogli di via obbligatorio comminati superano a oggi di gran lunga la trentina per questo singolo fatto) attraverso un solo evento e soprattutto, a questo punto, quanto la discrezionalità reinterpreti la legge ad usum Delphini, semplificandola da strumento preventivo a dispositivo deliberatamente repressivo.


[1] Fonte: Diritto.it: http://processo_esecuzione.diritto.it/docs/32483-rimpatrio-e-foglio-di-via-obbligatorio-cons-stato-n-5479-2011#.
[2]  Fonte: Altalex: http://www.altalex.com/index.php?idnot=29124.
[3] Fonte: Gazzetta Ufficiale, n. 226, del 28 settembre 2011 – Serie generale, reperibile in rete: http://ssai.interno.it/download/allegati1/aml_dlgs6settembre2011, n.159.pdf

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