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venerdì 14 marzo 2014

Messico. L’impoverimento istituzionalizzato dei popoli indigeni

di Edmundo del Pozo*
Dighe, miniere, strade , parchi eolici e complessi immobiliari spogliano i popoli originari delle loro terre, depredano territori e risorse naturali con le Grandi opere, protette da una cornice di legalità che favorisce la libera circolazione di capitali e di investitori privati, sottoposti a controlli di poco conto.


Il Messico vanta agli occhi del mondo la ricchezza e la diversità culturale dei suoi popoli originari. Il turista non può mancare di visitare il Museo di Antropología , le Piramidi di Teotihuacan, Chichen Itzá o la moltitudine di villaggi suggestivi di cui è costellato questo vasto territorio. Però, nessuno spiega al turista che dietro a tutta la facciata folclorica le culture indigene subiscono discriminazione e violazioni dei loro diritti fondamentali.
Le Grandi opere sono la più evidente e crudele causa della espropriazione delle terre e della progressiva spogliazione delle risorse naturali. Dighe, miniere, strade, parchi eolici, complessi immobiliari si sviluppano con la complicità di attori pubblici e privati​​, protetti da un quadro giuridico che favorisce la libera circolazione di capitali e investimenti privati attraverso la rarefazione del controllo, della trasparenza e con coinvolgimento delle popolazioni interessate scarso o preferibilmente nullo.
Alcuni casi concreti possono meglio illustrare questo stato di cose.
Sonora_in_Mexico_(location_map_scheme)A Sonora, nella parte nord-occidentale del Paese, le autorità federali hanno imposto la realizzazione dell’acquedotto Independencia senza alcuna preliminare consultazione. Una aperta violazione dei diritti all’acqua riconosciuti al popolo Yaqui dalla Corte Suprema di Giustizia, la quale aveva disposto con una risoluzione giurisdizionale (613/2012) che la Semarnat (Secretaría de medio ambiente y recursos naturales) procedesse a consultazioni presso i popoli indigeni, regolate da normative internazionali. A oggi, per il governo messicano la cosultazione è rimasta soltanto sulla carta, mentre la realizzazione dell'acquedotto procede indisturbata, sottraendo quotidianamente significativi volumi di acqua che mettono a repentaglio gli stessi mezzi di sussistenza del popolo Yaqui. Il tutto è stato documentato dalla Misión civil de Observación della consulta della tribù Yaqui, un osservatorio costituito per tentare di riportare alla consultazione popolare lo Stato, al quale hanno aderito numerose organizzazioni ambientaliste, in difesa dei diritti civili, dei diritti umani, di promozione sociale ecc.
260px-Oaxaca_in_Mexico.svgUn altro conflitto che dovrebbe salire all’onore delle cronache si sta svolgendo a Oaxaca, uno degli Stati più poveri del Messico. Qui, l'Assemblea dei Popoli Indigeni dell'Istmo di Tehuantepec si sta opponendo all'installazione dei parchi eolici che interessa la località di San Dionisio del Mar e le comunità circostanti. Un mega progetto guidato, tra gli altri, dalla compagnia Mareña Renovables, e che sta costando alle comunità che lo contestano continue prevaricazioni, minacce, aggressioni vere e proprie e denunce da parte delle autorità comunali di Juchitan. L'Assemblea ha denunciato, con tanti comunicati, la violazione del loro diritto all'autonomia, alla terra e al territorio. Non è allo sfruttamento di energie rinnovabili e alternative che si oppongono, appellandosi ai diversi fori di competenza, ma certo al modo in cui le opere vengono imposte senza rispetto per i diritti fondamentali delle comunità. Ciononostante, le vessazioni non accennano a diminuire.
Non sono casi isolati, ma rappresenta invece un modello generalizzato di sfruttamento delle risorse che legalizza il saccheggio e consente la criminalizzazione dei movimenti sociali che resistono in tutto il Paese. Allo stesso modo, è sempre più lampante che la implementazione dei piani di "sviluppo" si configura unicamente come possibilità di profitto per imprese e governanti anziché essere volta a promuovere il benessere delle popolazioni e delle comunità. Nell'ambito di questa logica perversa, Stato e imprenditoria non si soffermano a considerare le violazioni dei diritti umani stabiliti dalla Costituzione. E come se non bastasse, le autorità semplicemente non applicano le risoluzioni imposte dal massimo Tribunale di giustizia. Per contro, le persone vengono accusate, tacciate di delinquenza quando esercitano il loro diritto alla resistenza pacifica.
Ci troviamo di fronte a una situazione deplorevole, nella quale sono proprio gli enti governativi a calpestare lo stato di diritto anziché garantirlo.
La sfiducia delle popolazioni indigene nelle istituzioni pubbliche e nelle leggi che vengono emanate appositamente per spogliarle dei loro diritti collettivi è ben più che fondata.
 * Edmundo del Pozo è ricercatore di Diritti umani e sicurezza urbana presso il Centro de Análisis e Investigación di Fundar.
[Traduzione di Massimo Bonato]


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