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lunedì 20 maggio 2013

Treno di notte per Lisbona


È la morte a rendere ogni attimo vitale. Che cosa sarebbe l’eternità se non un disorientante disinganno? È grazie alla morte che amiamo la vita, e Amadeu ama la vita. Per questo sogna di diventare scrittore, ma ancor più filosofo benché si risolva infine a esercitare la professione medica “Perché nessuno deve soffrire”.
Ma la sua filosofia è che la vita è determinata dal caso, non già da un destino scritto ma da un’eventualità che può cambiare le sorti di un uomo da un momento all’altro, senza lasciare che nulla sia più uguale a prima.
La morte, così insistente nel film, è in realtà frattura, è in realtà rinascita. Ciascuno dei personaggi subisce una “morte” che gli cambierà la vita facendogli lasciare alle spalle il passato, quasi per caso, o del tutto fortuitamente.
Di produzione tedesca, svizzera e portoghese, Treno di notte per Lisbona è tratto dal romanzo di Pascal Mercier. Cast di attori affermati nella loro duttilità, la cui vecchiezza non sottrae loro il fascino che ha contraddistinto la carriera di ognuno: Jeremy Irons, Bruno Ganz, Charlotte Rampling, il vecchissimo Christopher Lee, Lena Olin.
Raimund Gregorius è docente di latino, gioca a scacchi solo, circondato dai suoi libri fino a quando un imprevisto gli porta tra le mani l’unico libro di pensieri di uno sconosciuto autore portoghese. Improvvisamente la sua vita cambia, sente che ciascuna di quelle parole gli si imprime nella mente perché viva, perché descrive come egli stesso giudica la propria esistenza. E non può che cercare di scoprire ogni cosa di quell’autore di Lisbona, discendendo sempre più nell’empatia che lo lega alla vita di lui. Penetra allora nella storia di due amici, di una storia d’amore che si insinua tra loro sino a dividerli, nella resistenza contro il regime di Salazar tutta riassunta nelle tensioni vissute dal quartetto in cui si stringono Amadeu, Jorge, la bella Estefania, e il pianista Joao a cui la Pide, la polizia segreta frantuma le mani e getta in carcere.
Ma della resistenza “nessuno più parla, né i toruratori né le vittime”. Così dopo le vicende dei quattro, che i quattro separa definitivamente, cala il silenzio. Sarà Raimund, con la sua crescente curiosità, la stessa ingovernabile curiosità che animava i giovani Amadeu e Jorge, a ridar voce ai silenzi. E dei quattro ridefinisce le storie, tratteggia per ciascuno le parti mancanti, ma soprattutto ricompone i sospesi, il non-detto, le paure o il rancore, il dolore.
Allora le parole del libro tornano a incarnare vite vere, Raimund stesso si cala in esse e “vede” la propria, attraverso una banale seduta oculistica. Un altro incidente, un altro evento, un altro caso che aggiunge cambiamento a cambiamento lo porta a sedere di fronte a colei che lo dirigerà nel cuore della storia che cerca, e che pone sui suoi occhi nuovi occhiali attraverso cui “vedere”. E Raimund “vede” che da una frattura, dalla morte di una vita, può nascere qualcosa di completamente nuovo. 

M.B. 20.05.13

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