E' una madre di Plaza de Mayo.
Nell'Anno della Memoria chiede di non dimenticare i desaparecidos italiani
Taty Almeida, una delle
fondatrici delle Madres de Plaza de Mayo – Linea Fundadora – conosce ormai bene
l’Italia e Torino, che ha visitato in decine di occasioni, conferenze,
incontri. Così Torino l’ha salutata, come sua cittadina, conferendole la
cittadinanza onoraria per mano del sindaco Sergio Chiamparino. Con la
presentazione del progetto della creazione di un Mausoleo della Memoria a
Cordoba, delle recenti e prossime iniziative che si realizzeranno in città,
Torino aderisce all’Anno della Memoria, al quale in Argentina è stato dedicato
il 2006. La memoria, quella che si trasmette ai giovani, che sono anche la
speranza vera delle generazioni passate. E le parole memoria, speranza,
giustizia ricorrono spesso nei discorsi di Taty Almeida.
- Dopo
l’annullamento, da parte della Corte Costituzionale nel 2005, delle leggi Punto
Final e Obediencia Debida che cosa è cambiato nel paese? Che cosa è cambiato
nella vostra lotta? Quali passi successivi vi attendete dal governo?
Per il paese è stato molto
importante la richiesta di perdono che il presidente Kirchner fece
pubblicamente il 24 marzo 2004, quando la società civile conquistò la Esma
(Escuela de Mecanica de la Armada) dove persero la vita oltre 5000 innocenti,
trasformandola in uno spazio per la memoria e per la difesa dei diritti umani.
Per molti anni abbiamo chiesto
l’annullamento di queste leggi, ma solo l’estate scorsa, con Kirchner, la Corte
Suprema ne ha decretato l’incostituzionalità. La speranza di giustizia allora
si è fatta concreta: noi non abbiamo mai chiesto una giustizia sommaria, ma una
giustizia legale. All’indomani dell’annullamento per incostituzionalità si
riaprirono subito 250 casi criminali perpetrati ai danni dei desaparecidos.
Molti militari si trovavano già in carcere per sequestro di persona, trovandosi
direttamente coinvolti nella tratta dei figli dei desaparecidos, sottratti a
essi dopo la morte, e affidati a coppie civili e militari conniventi. Un
crimine questo, che era sfuggito al legislatore del Punto Final e della
Obediencia Debida e che rimase per trent’anni l’unico capo d’imputazione con
cui poter perseguire i criminali della dittatura.
Ora, militari, civili,
ecclesiastici coinvolti nei crimini di allora possono finalmente essere
processati e condannati. La nostra lotta non è cambiata: mancava a essa il
debito morale di un riconoscimento istituzionale e legale verso i nostri figli
scomparsi.
Furono perlopiù le magistrature
dei diversi paesi europei a interessarsi dell’Argentina, ma in quale misura i
loro governi o le Nazioni Unite?
Soltanto la magistratura dei
singoli paesi poteva far emergere i crimini della dittatura interessandosi
direttamente dei propri concittadini, condannando in contumacia i criminali.
Dall’interno, noi non potevamo che manifestare. Gli archivi militari argentini
restano chiusi, ma con la pubblicazione degli archivi di Kissinger, può essere
che anche i governi e le Nazioni Unite manifestino maggior interesse alla
nostra causa.
- In occasione dei 24 anni dalla
guera sucia, Kirchner ha chiesto perdono ai veterani delle Malvinas,
abbandonati a se stessi in una sorta di rimozione che egli definisce
demalvinizzazione. Las Madres de Plaza de Mayo hanno speso sforzi non soltanto
per la propria causa, ma anche per la salvaguardia dei diritti civili più
diversi. In che rapporto si pongono con coloro che, giovani allora,
parteciparono a quella guerra e vennero subito dopo dimenticati e abbandonati?
Nel 1982 noi Madres eravamo
disperate e le madri dei giovani soldati non si interessavano alla nostra
lotta. Abbiamo avuto nel tempo qualche incontro con i veterani, ma loro stessi
sono rimasti molto divisi tra loro. Rimane il rammarico di non esser stati loro
vicini allora, come avremmo potuto; abbiamo un debito, che vogliamo saldare
raggiungendoli con la rete di contatti e di partecipazione che da anni andiamo
creando, per la salvaguardia dei diritti umani.
- L’arte fu la prima a muoversi
al vostro fianco, quali altri ambiti della società civile vi sono più vicini?
La dittatura ebbe effetti
trasversali, non toccò una fascia sociale soltanto, ma furono interessati tutti
i ceti. Così sono molti i giornalisti e gli avvocati, i docenti e i medici, la
gente comune che sta al nostro fianco, nella lotta. Certo l’ambiente artistico
ci ha dato molto. Dalle prime Silueteadas progettate da Julio Flores, Guillermo
Kexel e Rodolfo Aguerreberry, gli artisti che si sono mossi verso di noi si
sono moltiplicati, come pure le forme d’arte e i mezzi di comunicazione
coinvolti: il cinema, la televisione, la poesia, la musica, il teatro, la
fotografia. Dopo molti anni di lotta la nostra speranza rimangono i giovani,
perché ricordino e trasmettano la memoria di quanto avvenne.
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