A 30 anni dal colpo di stato la comunità artistica di Buonos
Aires commemora la lotta e la resistenza
Storia. La dittatura
militare stava esalando gli ultimi respiri quando, nel settembre 1983 tre
artisti decisero di unirsi alle ‘Madres’ di Plaza de Mayo nella Terza Marcia
della Resistenza. L’unico assembramento che mantenesse una parvenza di legalità
agli occhi dei militari rimaneva il passeggio, ed era “passeggiando” che le
Madres marciavano in Plaza de Mayo gridando alla volta della Casa Rosada, sede
del Governo, per rivendicare la giustizia brutalmente violata di figli e nipoti
desaparecidos.
Rodolfo Aguerreberry, Julio Flores e Guillermo Kexel, tre
artisti plastici, vollero unire alle Madres il valore simbolico delle Siluetas:
un’iniziativa inedita che rendesse conto del vuoto lasciato dalle oltre 30mila
persone scomparse. Un vuoto che andava riempito perché passando, sostando,
osservando ci si rendesse conto di quanto fisicamente l’orizzonte sarebbe
apparso diverso se popolato ancora da chi, dal 1976, era sparito nel nulla,
nelle camere di tortura prima, e poi sepolto in anonime fosse comuni o lasciato
cadere esanime in pieno oceano.
Le Siluetas. Dovevano essere semplici da produrre, in modo che chiunque, durante la marcia, potesse partecipare all’iniziativa. Vennero portati in piazza rotoli di carta e tutto l’occorrente per disegnare e colorare: studenti e passanti potevano semplicemente sdraiarsi e lasciar contornare il proprio corpo sulla carta, per dar vita a un’opera. Ogni silueta era così simile e nel contempo diversa: simile nei contorni fisici, ma diversa nei lineamenti o nelle colorazioni con cui liberamente ciascuno poteva rifinire il proprio lavoro; simile come una massa di persone e nel contempo diversa come la storia di ciascun individuo, di ciascun figlio o nipote o sorella o amica mancante. Le siluetas a migliaia appese ai muri della Plaza de Mayo accompagnavano la marcia delle Madres e costituivano un atto di accusa schiacciante contro i crimini della dittatura.
Le Siluetas. Dovevano essere semplici da produrre, in modo che chiunque, durante la marcia, potesse partecipare all’iniziativa. Vennero portati in piazza rotoli di carta e tutto l’occorrente per disegnare e colorare: studenti e passanti potevano semplicemente sdraiarsi e lasciar contornare il proprio corpo sulla carta, per dar vita a un’opera. Ogni silueta era così simile e nel contempo diversa: simile nei contorni fisici, ma diversa nei lineamenti o nelle colorazioni con cui liberamente ciascuno poteva rifinire il proprio lavoro; simile come una massa di persone e nel contempo diversa come la storia di ciascun individuo, di ciascun figlio o nipote o sorella o amica mancante. Le siluetas a migliaia appese ai muri della Plaza de Mayo accompagnavano la marcia delle Madres e costituivano un atto di accusa schiacciante contro i crimini della dittatura.
La semplice tecnica artistica servita nelle scuole elementari per far prendere coscienza del proprio corpo e della propria fisionomia ai bambini, metteva in grado in quel momento chiunque di riappropriarsi dell’identità culturale avvilita dalla dittatura. Non era soltanto un gesto estetico destinato alla massa popolare: era un gesto politico che permetteva ai partecipanti di tornare ad aggregarsi, per riscoprire quel senso di comunione e solidarietà destrutturato e rarefatto, unendosi alle Madres con le grida e coi colori.
Peacereporter
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