Tredici milioni di foresta tropicale ogni anno si trasformano in mobili e modanature, parquet, porte e infissi. L’Unione europea, e finalmente l’Italia, si attrezzano per contrastare il mercato di legname sottratto illegalmente al suo ambiente naturale e a chi in quell’ambiente fatica sempre più a vivere.

E si trovò abbastanza presto a perlustrare i docks dei porti, i rifornitori e poi su un aereo diretto a Lima, Perù.
Si installò a Puerto Maldonado, nell’area amazzonica innervata come una foglia da sontuosi corsi d’acqua dove difficile è riconoscere il confine tra Perù e Brasile. Río Madre de Dios, Río Curiacu, Río de Las Piedras: sulle acque di questi fiumi cominciarono le sue ricerche, dormendo in barca, o sull’impiantito di bar lambiti dal Río, che tra le altre cose offrivano servicio chicas. Finì nella foresta umida a condividere le tende dei taglialegna, nomadi con mogli figli o concubine nella giungla. Tagliatori esperti dei luoghi e dei legni; che spostano campo e segheria da un giorno all’altro; che segnano la presenza di mogano con il Gps (!); capaci di grandi fatiche e di precisione nel taglio; abili nel contraffare infine il legname illegale sdoganandolo facilmente, già selezionato per i magazzini statunitensi. In barba alle restrizioni governative, e pure alle diverse Ong presenti sul territorio, operative nella difesa della foresta e dei suoi abitanti.
Mors tua vita mea. Anche questa certosina e capillare ricerca di legno pregiato, da immettere sul mercato occidentale, favorisce e procura deforestazione, con quel che ne consegue per l’ambiente naturale e la sempre maggior fragilità delle tribù “incontattate” che ancora nella foresta vivono. Ted Conover se ne tornò avventurosamente a casa, pubblicò la sua inchiesta sul «New Yorker» (inclusa nel suo libro uscito in italia per Edt, Le strade dell’uomo).
Ma ciò che accade in Perù accadde a Cuba o in Giamaica, dove il mogano infatti è estinto, accade nell’Amazzonia brasiliana. Qui la latitanza dello Stato ha condotto popolazioni come i Ka’apor e gli Awá a organizzarsi per cacciare i taglialegna illegali, e ne è sorta una vera e propria guerra. Armati di arco e frecce, i Ka’apor intercettano le bande di tagliatori e le fermano, ne confiscano le motoseghe, bruciano i loro camion o ne sabotano le attrezzature. Sono figli di un ecosistema reso fragile dal mercato mondiale di legname pregiato, per il costo, la resistenza, la bellezza pure, ma che viene tagliato perlopiù illegalmente.

Un’erosione che costa al pianeta qualcosa come 13 milioni di ettari di foresta l’anno, sottratti a umani e animali, e che suscita le dovute preoccupazioni. Dal marzo 2013 infatti, l’Unione europea ha cominciato a erogare misure cautelative e regolamentative di questo mercato, facendo entrare in vigore l’Eutr, il Regolamento europeo del legno. Anche l’Italia ha cominciato ora ad assumere le proprie responsabilità contro l’illegalità del taglio di legni pregiati nelle foreste tropicali. Da settembre infatti è in vigore il Decreto legislativo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che vieta l’importazione e la commercializzazione di legname illegale. Come l’Eutr, anche questo decreto, appena emanato, resta perfettibile: se è vero infatti che i controlli del Corpo forestale saranno più rigidi, non è detto che le ammende comminate non risultino in taluni casi più convenienti in alternativa alla confisca del legname proveniente da tagli illegali.
M.B. 31.10.14