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venerdì 7 giugno 2013

L’Uruguay non venderà terra a Paesi stranieri.


Hermes Toledo - Partito socialista
Il fenomeno della vendita di terre a Paesi stranieri è fenomeno diffuso nel mondo. In Africa per esempio è in atto una vera espropriazione di terre, che vengono acquistate specialmente da Cina, Arabia Saudita o Corea, come sostiene il deputato socialista Hermes Toledo. Ma lo stesso è accaduto in Brasile, dove ad acquistare terre a poco prezzo sono stati ancora sempre i Paesi menzionati, ai quali si aggiunge il Qatar. E non nuova a questo fenomeno è la vicina Argentina, della quale estese pianure e persino laghi vennero venduti a Stati o a proprietari stranieri, ma che pure, dal 2011, si è dotata di una legge per la quale soltanto il 15% del territorio nazionale potrà essere posseduto da proprietari stranieri.

L’Uruguay si interroga ora sulla sua terra e su quanta ne sia stata venduta a Paesi a imprese straniere. Secondo stime ufficiali, solo il 53% delle imprese produttive sono in mano a uruguayani, mentre il 43% appartiene a persone giuridiche, ma non è chiaro quanto peso abbiano in esse le partecipazioni straniere, come sottolinea Hispan Tv. Il governo si è incaricato di far luce su questa situazione e indagherà su quanto possano dirsi uruguayane le imprese nel proprio Paese.
Preoccupato per il forte processo di esternalizzazione della terra a cui assiste, l’Uruguay approverà quindi una legge che ne proibisce l’acquisto a Stati stranieri, a imprese nelle quali partecipino come azionisti Stati stranieri e la loro partecipazione in imprese produttive agroalimentari uruguayane.
Il deputato socialista Hermes Toledo ha presentato a tal proposito il 19 maggio, alla coalizione del Frente Amplio (ampia coalizione che raduna partiti di sinistra e centro-sinistra), un progetto di legge costato un anno e mezzo di lavoro, e fortemente voluto dal presidente José Mujica, come riporta Montevideo Portal.
L’iniziativa consta di cinque articoli e stabilisce “la preservazione e la difesa della piena sovranità dello Stato uruguayano in relazione alle risorse naturali”. A imprese o a Stati stranieri viene proibita “la proprietà diretta o indiretta di essere titolari di immobili rurali con fini di sfruttamento agrario e forestale”. Restrizione che si estende alle imprese locali o filiali alla cui proprietà partecipino in una qualche misura fondi di Stati stranieri. Un tipo di normativa già presente nella legislazione di Australia, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Brasile. Il disegno di legge verrà presentato a breve al ministro dell’Agricoltura Tabaré Aguerre.
Presidente dell'Uruguay José Mujica
Del resto, sebbene distinti, esternalizzazione della terra e concentrazione della proprietà sono problemi spesso interrelati: entrambi i processi si sono vistosamente accentuati negli ultimi dieci anni – arco di tempo in cui mai come prima il valore della terra in Uruguay è aumentato tra le 7 e le 10 volte – e pregiudicano le piccole aziende a conduzione familiare a favore delle estese piantagioni di soya o di zone boschive. 
Intervistato da El Observador in occasione del Congresso della Federación Rural tenutosi il 18 maggio, lo stesso presidente Mujica ha dichiarato: “È incredibile che negli ultimi dieci anni si sia assistito a una vera e propria esplosione del valore delle proprietà, cosa che ha favorito i grandi proprietari terrieri. Quello che valeva 400, oggi vale 4000 o 4500 [pesos], e tuttavia, quando si avanza qualche richiesta, rispondono con un egoismo che ferisce”. Qualche mese addietro la Suprema Corte di Giustizia ha dichiarato incostituzionale l’imposta gravante sulle grandi estensioni terriere, voluta dal Presidente, che insiste: “Un giorno o l’altro il Paese dovrà riformare la sua Costituzione in relazione a questi temi: il senso della proprietà e quello della equità sociale”.

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