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sabato 20 aprile 2013

La bandiera Rodotà

Complice la rete e la maggior possibilità informativa e comunicativa da essa offerta, gli italiani scoprono di aver la loro da dire. E il parere che esprimono a viva voce verte su un tema che lambisce la loro quotidianità solo marginalmente, per la cui decisione non sono tenuti a esprimere pareri.
L’elezione del Presidente della Repubblica, così tanto sofferta, offre letture tra le più diverse, poiché ormai non è più in gioco soltanto un nome, la sua rettitudine e la sua adeguatezza, la credibilità di un Paese, ma il Paese stesso. 
La non comune presa di posizione popolare italiana, nella scelta di un candidato a Capo dello Stato, non ha soltanto comportato il vistoso sbandamento, e il collasso, del partito Democratico, ha fatto sorgere un partito, ormai in gestazione da qualche anno e quanto mai etereo ed eterogeneo rappresentato dalla volontà popolare. È un partito sui generis, in realtà neanche tale ma soltanto un movimento; un movimento che va ben oltre lo stesso Movimento 5 Stelle e che rappresenta tutta la rabbia e il disagio individuali, che si stanno in queste ore cristallizzando attorno a un nome: Rodotà.
Una volta ripercorsa la carriera politica dell’uomo, riconosciutegli doti unanimemente e unanimemente riconosciuto come l’uomo adatto a rappresentare l’Italia e di essa farsi istituzionalmente garante, Rodotà è divenuto ipso facto un simbolo. E questa è la vera svolta.
Una lotta sociale viene inaugurata e condotta all’insorgenza di un problema, di un disagio, di una mancanza da sanare o di un diritto da difendere: una lotta sociale ha cioè un tema attorno al quale si radunano i diretti interessati o chi con essi si schiera per sensibilità politica o solidaristica. È un problema reale, una concretezza a cui far fronte. 
Diverso è il coagularsi di forze attorno a un simbolo. Rodotà, al di là dell’uomo, al di là dell’essere candidato di una precisa forza politica, è diventato la bandiera di un’ampia fascia dell’opinione pubblica, simbolo dell’Italia di chi ha ritrovato il gusto di voler contare nelle scelte.

Ora, che piaccia o no, che si sia più o meno allineati al suo movimento, Beppe Grillo ha avuto il merito di restituire attraverso la rete questo piacere che sempre più persone han ricercato ed educato, il piacere di farsi un’opinione delle cose e di esprimere un parere, che si trasforma in volontà e si traduce in diritto di far valere questa volontà. O perché direttamente coinvolti nella sempre più vasta democratizzazione del dibattito sociale attraverso sondaggi, forum, discussioni e concreti attivismi di varia natura; o perché indirettamente soltanto consci di quanto stava avvenendo, poi spinti a una scelta individuale e intima, e infine travolti come massa più o meno espressa, anche all’interno degli stessi partiti ostili al movimentismo popolare.



Un conto quindi è farsi un’idea circa la personalità, l’impegno e il programma di un candidato in sede di elezioni amministrative o politiche, in cui l’elettorato è chiamato in prima persona a esercitare una preferenza, un parere e quindi una volontà; ben diverso è il caso dell’elezione del Presidente della Repubblica in cui l’elettorato non ha voce in capitolo, ma il voto spetta per delega proprio a chi dall’elettorato è stato eletto, e che in ispecie elegga a sua volta. Al votare perché il candidato faccia, si sostituisce un non-votare (espresso dalla sola volontà manifestata nella piazza fisica e virtuale) perché il candidato ormai eletto voti un candidato che a sua volta faccia: alla modalità del “fare” si sotituisce la modalità del “far fare”, nella prima si aderisce con il voto a ciò che un candidato esprime, nella seconda si esercita la propria pressione perché l’allora candidato ormai eletto faccia effettivamente aderendo lui stesso al volere dell’elettore.
Se è vero che a livello istituzionale l'elettorato non ha voce in capitolo nell'elezione del Presidente della Repubblica, è vero che politicamente vuole poter esercitare una pressione decisionale dalla base sul proprio partito. Che all'elettorato competa o no l'elezione presidenziale, proprio l'elezione presidenziale si sta manifestando come il perno su cui il popolo vuole poter contare. La distanza tra la concretezza delle problematiche diverse per cui ciascuno lotta e l'astrattezza del ruolo istituzionale sul quale l'elettorato vuole esercitare pressione e diritti crea quel simbolo attorno al quale mezza Italia si sta radunando. E in piazza ci saranno non problemi da risolvere a uno a uno, ciascuno per proprio conto, ma una sola idea portante che percorre trasversalmente un’intera area, quella di voler contare.
Questo non ha capito ancora la politica italiana, c’è un movimento di opinione in piazza che si chiama Italia, che vale molto più di qualsiasi strategia, perché ha una volontà propria da esprimere.

Massimo Bonato 20.04.13


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