Pagine

giovedì 24 aprile 2014

Il ragazzo della montagna liberata

di Massimo Bonato

Presentato al Circolo dei Lettori di Torino il libro di Luciano Ducato. Una vita tra le montagne e la Resistenza in Val di Susa.

A 84 anni, Luciano Ducato compra un computer, si mette a scrivere e ridiventa il giovane Cianin degli anni Trenta e Quaranta.

Cianin nasce a Bussoleno nell’agosto del 1928. Nasce tra i monti e la montagna sarà la passione di tutta la sua vita. Sono le escursioni, che con il padre e la sorella, lo portano sin da bambino nei valloni e sulle alture circostanti; nomi che ricorreranno frequenti come pian Cervetto, la Blametta, Pian del Roc, val Gravio, l’Orsiera, la Figera, la Comba, Balmafol, il Truc. Il trasferimento a Torino, la scuola e quella “agghiacciante” dichiarazione di guerra del duce contro Francia e Inghilterra; i discorsi del padre contro la guerra; la tradizione socialista che non ha mai lasciato la famiglia.

Ma la montagna resta lì, a disposizione di lunghe gite, di prime fortunose arrampicate per superare canaloni e roccette, sui nevai; e lo Chaberton, dove Cianin sente nascere quella passione per le vette che trasformerà spesso le escursioni in arrampicate; montagna viva, che porta con sé l’amichevole rapporto con i pastori, i margari, oltreché sempre maggiori difficoltà e avventure sulle pareti e sulle cime.

Intanto, attorno, sullo sfondo, la guerra imperversa: Eritrea, Libia, Cirenaica, Tobruk, portando i suoi lutti sin nelle famiglie di Bussoleno. Fino all’8 settembre del ’43. Nell’esultanza generale, alla notizia dell’armistizio, soltanto il nonno, “scuro in viso”, sembra aver chiaro che cosa significhi aver “L’Italia praticamente invasa dai tedeschi”. E infatti, bastano poche ore perché nelle strade si riversino soldati allo sbando, uomini senza ordini e senza meta che cercano indumenti civili per poter fuggire.

Ma nel cortile di Cianin arriva anche Carlo Carli, ufficiale di fanteria che gli chiede di fare del suo primo piccolo furto in una caserma abbandonata un’azione di approvigionamento: portar via dalle caserme quante più armi e munizioni possibile per armare le prime bande partigiane che vanno costituendosi in Val di Susa. Cominciano le scorrerie nella caserma di via Traforo a Bussoleno, ma ben presto Cianin, a 15 anni si sente dire “Non farti mai fotografare e non recapitare lettere scritte. Non chiedere informazioni sulle operazioni che intendiamo svolgere. Muoviti sempre con il documento di identità… Meno sai e meglio è per te”. È la Resistenza vera e propria.

Cominciano gli incarichi, prima ad Avigliana, poi in Alta Valle, i contatti con i Machì francesi. Spostamenti in treno tra i mitragliamenti, le rappresaglie della camicie nere e le reazioni partigiane, come l’attentato che fece crollare il ponte dell’Arnodera. Un periodo violento, fatto di rischi e circospezione, di paura e di fughe, lunghe attese e nascondimenti, timore di essere catturati ma anche di essere scambiati dai compagni partigiani per fascisti; un periodo però in cui l’imprevedibilità di ogni giorno porta con sé anche i primi baci, scambiati con una staffetta che Cianin vede due volte, o la prima volta in cui assiste alla nascita di un bambino, pieno di vergogna, in un cascinale. Lontano Stalingrado resiste; da Boves, da Marzabotto arrivano impressionanti notizie. Carlo Carli viene trucidato ad Avigliana, così di lì a poco Carlo Trattenero alla Banda, sopra Villarfocchiardo; e poi la vittoria di Balmafol risponde all’eccidio del Col del Lys. Colpo su colpo. Le stelle alpine che ora Cianin si trova in mano non sono quelle raccolte con il padre nelle serene escursioni famigliari, ma quelle che gli servono per apparire un ragazzo qualsiasi, in giro per i monti se venisse fermato durante la staffetta.

Cianin ripercorre le montagne, tra la Val di Susa e la val Chisone, la val Sangone, e di là dal piano, la val di Viù nelle Valli di Lanzo o su, oltre frontiera fino a Briançon. Sono le montagne che conosce profondamente ma la cui dimestichezza mette ora a servizio della Resistenza attraverso il violento 1944, e la speranza, la vittoria finale del 1945. È quindi una Val di Susa che Cianin percorre in lungo e in largo da Torino alla Francia con tutti i mezzi consentiti, in un impegno costante e rischioso.

Luciano Ducato ha sempre amato la montagna e il rischio, ha sempre amato leggere e scrivere, e questo lo ha condotto sin dalla gioventù a tenere appunti delle sue escursioni e salite, delle arrampicate e delle punte raggiunte; ma compie un vero e proprio lavoro interiore di recupero, riandando agli anni della guerra, della Resistenza. Riannodare i ricordi alle date dei fatti storici, degli avvenimenti vicini e lontani, dei personaggi conosciuti o di cui ha soltanto memoria porta la Val di Susa a essere protagonista, ma con attorno un mondo sempre presente. Sullo sfondo o incombente è un mondo che fa della storia della Valle una storia non locale e parziale, ma calata nel grande scorrere delle vicende e delle tragedie umane di quel tempo. Non è un facile lavoro che Ducato compie, e tanto meno facile è rivivere attimo per attimo quei lunghi anni che descrive con dovizia di particolari e con trasporto, lasciando che la prosa fluisca piana, ma avvolgente, distaccata o partecipata a seconda, sempre curata nel ritmo che gli stessi accadimenti impongono.

Il libro è stato presentato al Circolo dei Lettori di Torino. Presentazione a cui hanno partecipato lo storico Gianni Oliva, lo scrittore Enrico Camanni, con l’improvvisata apparizione del sindaco Piero Fassino, e naturalmente l’editore Pietro Pintore.

È una montagna liberata ciò a cui anela l’autore, rispondendo alla sollecitazione di Enrico Camanni. Un montagna liberata non solo da tedeschi e fascisti, ma liberata dal conflitto, dai combattimenti e restituita a se stessa e all’uomo. Una montagna che è emblema di libertà sia in pace sia, a maggior ragione, in guerra. Libertà goduta e libertà bramata, per la quale si mette in gioco la vita e per la quale la montagna si trasforma in luogo di difesa, di organizzazione, di sopravvivenza, pur continuando a mantenere quella intimità di vecchia conoscenza, di amore per i luoghi che sono patrimonio interiore, tracciati di una geografia costruita e ricostruita nell’animo passo dopo passo.

Nell’uno come nell’altro caso la montagna rimane però “scuola di carattere”.

Le storie narrate in questo libro si immergono in quel tessuto storiografico proprio di ciascuno, fatto delle narrazioni dei padri e dei nonni dai quali ciascuno in Piemonte e in Val di Susa ha potuto attingere vivide testimonianze. Libri come questo sono una testimonianza preziosa, tanto più importante, sottolineano a più riprese sia Gianni Oliva sia il sindaco Fassino, quanto più la freschezza della memoria si fa opaca, i testimoni dalla cui voce trarre esperienze vengono meno, e il ricordo si fa fievole sino a dover temere l’oblio, la perdita della memoria di quanto accaduto e dei valori che la Resistenza ha portato con sé.

Fascismo e nazismo, ricorda Oliva, non si sono imposti con la forza, il fascismo si è fatto strada attraverso la manipolazione di quell’opinione pubblica che era andata formandosi durante la Prima guerra mondiale; il nazismo ha raggiunto il potere attraverso il voto, con una nazione che per convinzione o per trasporto, per paura o per viltà, per ignoranza o indifferenza ha condiviso il dramma della Germania fino in fondo. Fascismo e nazismo non sono soltanto stati regimi violenti, sono stati totalitari nel senso della pervasività con cui hanno saputo controllare il popolo.

Controllo dell’educazione e manipolazione dell’informazione hanno sempre prodotto le più grandi catastrofi.

Per questo, per impedire che la memoria venga meno, per arginare il pericolo che quanto accaduto possa accadere ancora, libri come quello di Luciano Ducato sono e restano pietre miliari.

Luciano Ducato, Il ragazzo della montagna liberata, Pietro Pintore editore, Torino 2014, pp. 171, 15 €.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.