“La frase rivelatoria di Marshall
McLuhan «il medium è il messaggio» vale anche per Internet. La Rete non è solo
uno dei tanti media bensì la loro somma, e il suo impatto sulle nostre vite
interiori e oggettive è di conseguenza ben più pressante rispetto a quello dei
suoi predecessori”.
La frase è rivelatoria anche del libro di Ivo Quartiroli, Internet e l’io diviso, appena uscito per Bollati Boringhieri. Un libro che fa riflettere su Internet dal punto di vista spirituale oltreché scientifico, poiché mette in luce l'effetto che Internet ha sulla nostra psiche e il nostro benessere, come influenza il nostro stato d'animo e il nostro spirito.
La frase è rivelatoria anche del libro di Ivo Quartiroli, Internet e l’io diviso, appena uscito per Bollati Boringhieri. Un libro che fa riflettere su Internet dal punto di vista spirituale oltreché scientifico, poiché mette in luce l'effetto che Internet ha sulla nostra psiche e il nostro benessere, come influenza il nostro stato d'animo e il nostro spirito.
Nicholas Carr, in Internet ci rende stupidi? Come la rete sta
cambiando il nostro cervello (Raffaello Cortina, Milano 2011) ci ha
avvertito come un eccessivo uso di Internet sia in grado di mutare certi
collegamenti neuronali. Con Il filtro:
quello che Internet ci nasconde (Il saggiatore, Milano 2012) Eli Pariser spiega
come - attraverso algoritmi di personalizzazione - i motori di ricerca creino
attorno a noi recinzioni virtuali, rendendo le nostre ricerche su Internet molto
più ristrette e anguste di quanto si possa immaginare. Ancora di recente, su «Proceedings of the National Academy of Sciences» dello scorso aprile, Adam Gazzaley, neurologo
della Università di San Francisco ha messo in luce quale grave tributo costi
alla memoria il multitasking, ovvero l’abitudine ormai consolidata di fare più
attività contemporaneamente, come rispondere a una telefonata, inviando una
mail e ascoltando la radio.
Internet e l’io diviso è una impresa più ambiziosa, con
ramificazioni di più ampia portata, poiché suggerisce che Internet stia
modificando i nostri stessi stati di coscienza in modalità di cui non siamo consapevoli.
Per affrontare questo tema, Ivo Quartiroli mette a frutto la sua profonda
conoscenza della pratica meditativa, e d’altro canto una lunga esperienza nel
settore dell’Information Technology e come programmatore di software. È cioè in
grado di intrecciare la propria percezione di come le tecnologie digitali
penetrino nell'interazione tra il cervello e il software con prove concrete.
Malgrado il titolo e il tema
apparentemente impegnativo, il libro è organizzato in brevi capitoli godibili che
ne rendono agile la lettura. In esso, l’Autore denuncia Internet come uno
strumento attraverso il quale il capitalismo ha di fatto creato il necessario
bisogno di continuo e persistente collegamento, di fare rete, pena la paura di
perdere. Egli suggerisce che in futuro il diritto alla non-informazione, al
non-update, e al silenzio sarà un privilegio, e uno degli indicatori della
qualità della vita. E questo sembra effettivamente un invito a emanciparsi dal
bisogno di essere "always on", non distante dal pensiero di sociologi
come Zygmunt Bauman che si concreta nella Modernità liquida.
Come un organo, la mente ha il
compito di mantenersi occupata e Internet fa leva proprio su questo,
obbligandola a nutrirsi costantemente: “la mente cade spesso preda di una
bulimia informativa che comporta stress e il bisogno di avere sempre più
informazioni e stimoli mentali. Non ce n’è mai abbastanza: ogni nuova
informazione dà vita a un ulteriore flusso” (p. 233). Nuove informazioni danno
origine alla ricerca di nuove informazioni, in un ciclo apparentemente senza
fine.
Ma non è tutto, così come il
multitasking erode la memoria e diminuisce la nostra capacità di
concentrazione, al contrario della superficiale e contraddittoria sensazione di
riuscire a fare di più in minor tempo, così Internet, in un senso più ampio,
deforma la nostra attenzione e degrada la capacità di fissare obiettivi
perseguibili, reali: tanto più la società dell'informazione ci attira in più
direzioni, tanto più indebolisce la nostra fermezza e il senso di orientamento,
distraendoci da un chiaro percorso che può nascere solo dal nostro spirito.
E ciò non può non influire sulla
sfera emotiva e sessuale, che staccandosi dalla realtà rischia di cercare in
rete un simulacro della realtà stessa che la pornografia soddisfa: allo
svuotamento della intimità, il tentativo di riconnettersi con una sensazione di
contatto corporeo, umano, non fa che progredire l’alienazione stessa in quella
porno-dipendenza che devia emotività e sessualità ancor più verso la solitudine
interiore.
Se è vero che il nome di Marshall McLuhan innerva l’intero volume e che quindi molte delle argomentazioni
fornite da lui partono – come la predizione che l’uomo avrebbe perso contatto
con la natura come esperienza diretta, ben prima di Internet, o come la
dissoluzione dell’identità, la macchina come estensione dell’uomo – è però interessante l’uso che Quartiroli fa di
queste idee, proiettandole su un medium
ormai da tutti conosciuto e utilizzato, Internet appunto. In realtà l’operazione
che Quartiroli compie nel mostrare limiti e pericolosità di Internet non deve scoraggiare dal suo uso, ma al contrario sprona
ad assumere maggiore consapevolezza e controllo di sé e del mezzo. Come spesso
accade, il coltello è affilato, ma dipende dall’uso che se ne fa.
Ivo Quartiroli, Internet e l’Io diviso. La consapevolezza di
sé nel mondo digitale, Bollati Boringhieri, Torino 2013.
Massimo Bonato 06.05.13
Terrorizzati dalla naturale solitudine del sé interiore, si cerca conforto esterno in una voce qualsiasi e non importa se sarà metallica, basta interrompere il silenzio
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