Cariche a fondo e caccia all’uomo. Almeno una decina di
compagni di lotta a terra. Un'ottantina di fermi, sei arresti. Questo il
risultato di una giornata di lotta che doveva portare a Roma la voce di chi
voce non ha. E la si è voluta far tacere ancora.
di Massimo Bonato
Mi accorgo che le notizie che cerco, in sé passano in secondo piano a mano a mano che gli squilli del telefono prolungano l’attesa. E sale la preoccupazione. I cellulari squillano a lungo a vuoto. Difficile parlare con qualcuno. Le informazioni sono frammentarie e inevitabilmente incerte.
Mi accorgo che le notizie che cerco, in sé passano in secondo piano a mano a mano che gli squilli del telefono prolungano l’attesa. E sale la preoccupazione. I cellulari squillano a lungo a vuoto. Difficile parlare con qualcuno. Le informazioni sono frammentarie e inevitabilmente incerte.
“Non ho mai visto niente del genere” dice una compagna.
“Ne ho viste tante, ma oggi per la prima volta ho avuto veramente paura”
un’altra aggiunge.
Stanno bene. Si sono ricompattati e torneranno ai pullman e
a Torino, in Valle. Ma non tutti. In piazza Barberini sono rimasti almeno una
decina i feriti, qualcuno grave. Nicoletta Dosio per esempio è caduta,
raccontano, è stata calpestata durante la carica, di sicuro ha avuto lesioni a
un braccio e quasi sicuramente alle costole. E non è la sola. Il più grave è un
47enne peruviano che ha raccolto un petardo inesploso ma gli è improvvisamente
deflagrato in mano riportando lesioni gravissime.
Giunti a Roma, sin dal priimo mattino il sentore era che la
blindatura della città non presagisse nulla di buono. Molti bus provenienti da
nord-est sono stati fermati alle porte della città e perquisiti.
La manifestazione era autorizzata. Era l’occasione per
protestare per il diritto alla casa contro il decreto Lupi, contro il job act
di Renzi, contro la precarietà e l’austerity. All’appello del Coordinamento di
Lotta per la Casa hanno risposto molti movimenti, dall’acqua pubblica ai No
Muos, centri sociali e studenti, i No Tav hanno raggiunto la capitale con
quattro pullman.
Tra il ministero dello Sviluppo economico e quello del
Welfare, uno spezzone si è staccato dal corteo per raggiungere e assediare il
ministero. Il Corteo ha atteso. Ma dopo quasi mezz’ora, sono bastate uova e
arance lanciate dagli assedianti a scatenare le forze dell’ordine disposte ad
attenderli in assetto da guerra. Parte la prima carica che investe gli
assedianti. La polizia si ferma e lo spezzone reagisce con il lancio di
oggetti. A questo punto vengono sparati lacrimogeni e parte una seconda carica
violentissima, profonda, che raggiunge il corteo principale in via del Tritone
e lo sospinge per oltre 200 metri fino in piazza Barberini. Non è una carica di
alleggerimento, è una vera e propria carica militare atta a recare quanti più
danni possibile, a fondo, finché i manifestanti non sono sparpagliati e divisi.
Quando la violenza cesserà per terra resteranno k-way e una impressionante
quantità di scarpe perdute nella fuga. Ma la vista è quella di gente a terra,
trattenuta dalla polizia.
“La paura più grande era di cadere nella gran folla di gente
comune, famiglie con bambini, quelli dell’acqua tutti vestiti di blu per la
manifestazione – ci raccontano – se cadevi non ti rialzavi, e ti passavano
sopra”.
“Sono stati brutali” è ciò che più di una persona
ripete. Il corteo è riuscito comunque a riprendere il percorso, pur monco di
tanti gruppi dispersi nelle vie laterali, o che hanno tentato di raggiungere
nuovamente Porta Pia per strade alternative. La testa del corteo ha poi
imboccato il Traforo del Tritone e raggiunge piazza della Repubblica.
Ottanta le persone fermate, sei poi quelle arrestate, una
decina i feriti, tra cui qualcuno gravemente. Lo spezzone No Tav è riuscito a
ricompattarsi e a raggiungere alla fine i pullman per il ritorno, tra qualche
testa dolente per le manganellate, stanchezza e tensione.
M.B. 12.04.14
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